Fiore, Stellla, Gaia, Luna scendono insieme a tutte le altre a valle. Si sentono già da lontano con i loro campanacci ed è una festa vederle camminare una accanto all’altra con le loro coccarde colorate. Come la mandria della Famiglia STABIO dopo l’estate trascorsa all’Alpe di Monastero e a Costapiana o di tanti altri margari che in questi giorni stanno tornando in pianura.
La transumanza , o dèsarpa come viene chiamata nella lingua franco provenzale delle nostre Valli, è un rito antico che si perde nelle notti dei tempi. Per pastori ed allevatori è un giorno di festa, anche se il cammino dalla montagna al piano è lungo e faticoso. Le bestie prima della partenza vengono tirate a lucido e molte di loro indossano i rudun, i campanacci che al ritmo della camminata suonano le loro note, in un concerto unico che annuncia da lontano l’arrivo della mandria. E il loro incedere è un’emozione che fa affiorare antichi ricordi.
≪Erano anni che non vedevo transitare sotto casa mia, nella campagna ciriacese – spiega Domenica Calza, consigliere delegato alla Cultura di Ciriè – ben tre grosse mandrie di bovine in pochi giorni. Al rintocco dei suoni dei rudun sono scesa in strada per veder passare la mandria guidata da pastori vecchi e giovani. È il pensiero è andato a quando bambina o ragazzina, nelle prime settimane d’autunno, aspettavo l’arrivo del margaro con le sue bestie. Uomini ed animali si sarebbero fermati in cascina fino a primavera inoltrata per riprendere poi nuovamente la strada della montagna.
Appena arrivate le bestie stanche ed affamate venivano lasciate a pascolare in un prato e, solo a sera, venivano portate nelle stalle. Intanto uomini e donne della cascina, insieme ai nuovi arrivati seduti Intorno alla grande tavola di pietra dell’aia, gustavano un’ottima merenda sinoira che nonna Madleinin non faceva mai mancare. Poi il margaro e la sua famiglia sistemavano le poche cose al seguito, tra cui spiccavano le grandi gavie di rame per far le tome.
Tra i tanti pastori che vennero da noi in cascina per svernare, ricordo in particolare Giusep e Tumalin, padre e figlio, di Margone in alta val di Viù. Due montanari alti e robusti, avvezzi ad una vita dura, ad un lavoro faticoso, ma non per questo infelici o stressati. Anzi, emanavano sempre un non so che di serenità, di tranquillità. Giusep e Tumalin conoscevano ad una ad una le loro 300:350 pecore e le curavano con solerzia ed attenzione. Pantaloni di velluto, una camicia a quadri e un cappello a larghe tese erano l’abito di ogni giorno, feste comprese. Solo quando faceva più freddo Giusep indossava una mantella nera di tela cerata con cappuccio. Spesso la indossava anche il giorno dell’arrivo in cascina e non di rado se ne arrivava con un agnellino partorito durante il viaggio da qualche pecora. E quella, nel mio immaginario, è rimasta l’immagine del Buon Pastore !≫.