MEZZENILE – Ha solcato tutti i mari e gli oceani, ha all’attivo più di quindici traversate, è stata fino a pochi anni fa l’unico comandante donna in un ambito ancora dominato dagli uomini, si è fatta per anni promotrice di associazioni e cooperative per la tutela e il riconoscimento della figura professionale dello skipper e del marinaio da diporto.
Quando si parla di mari, Lucia Pozzo, appartiene al mondo, ma quando si parla di casa, il suo rifugio è nelle Valli di Lanzo, ai Monti di Mezzenile.
Perché in fondo, come spesso sottolinea Lucia, chi ama il mare, il suo “rumore bianco”, il profondo contatto con la natura, ama anche la montagna, quella autentica. Ecco che le onde del mare, il fragore di una cascata o lo scorrere di un ruscello di montagna si intrecciano e si fondono l’uno con l’altro.
«I miei genitori – spiega Lucia – venivano qui in Valle nel periodo estivo, quindi da bambina e da ragazza ho iniziato con discipline di montagna come lo sci alpinismo, l’arrampicata, il trekking, poi l’attrazione per l’acqua si è subito fatta sentire, così ho intrapreso gli sport acquatici partendo dall’alto, cioè scendendo torrenti in kayak» .
Anche la laurea in architettura all’Università di Torino “guardava” il mare. Infatti Lucia ha preparato una tesi sperimentale di indirizzo navale: la progettazione di una barca a vela realizzata in ferro cemento molto sottile, alleggerito con degli inerti speciali; in una città senza il mare non si poteva fare di più. Si è poi specializzata nell’ambito della sua vera passione, la ricostruzione statica di imbarcazioni d’epoca a vela, preferibilmente con armo aurico e costruite in legno; barche di cui prenderà il comando dopo averne seguito il restauro in cantiere.
Nel 1985 si fa sponsorizzare una serie di regate importanti, anche se negli ambienti nautici non è ancora conosciuta. Raduna il primo equipaggio italiano composto da tutte donne, alcune senza specifiche competenze nautiche, e le allena su una barca che battezza con il nome “Invicta Delfino Rosa”. A dispetto dei pronostici, la skipper e timoniere della barca, ottiene immediatamente numerose vittorie con ottimi piazzamenti in regate internazionali e campionati italiani.
Nel 1998 è al comando della goletta d’epoca di 21 metri “Emilia”, varata nel 1930 per la Coppa America e presente ai più prestigiosi raduni di veterane del mare italiani e francesi.
Nel novembre dello stesso anno, la skipper torinese è al timone dell’imbarcazione italiana alla “CHIRAA 98 First Women Regatta Around TUNISIA”, competizione che ha visto impegnate le migliori veliste della Comunità Europea, a favore dell’affermazione e dell’indipendenza della donna nel mondo arabo-islamico.

«Da Alcuni anni – spiega Pozzo – sono al comando della più antica barca a vela navigante, Tirrenia II, del 1914. Spesso mi domandano quali fra i luoghi visti, preferisca e, devo dire che le coste del mediterraneo sono le più belle, quelle più ricche di storia, di tradizioni di paesaggi particolari e unici.»
Queste e altre vicende e navigazioni, sono ampiamente raccontate nei suoi libri, che narrano le avventure di mare del comandante donna e dei suoi equipaggi, raccontate con ironia e umorismo. Sei volumi, “Naufragio in alta quota”, “Tempesta in pentola”, “Sfiga atlantica”, “Donne in mare”, “Uomini e barche”, “Penne Nere sul mare”: in ognuno è raccolto un po’ di vita e di quotidianità di Lucia.
«Il mare però è anche ricco di insidie e imprevisti. «L’evento più inaspettato che mi è capitato – racconta Lucia – è quando abbiamo avvistato l’isola di plastica, nel 2002, nell’oceano Pacifico, al largo delle Galapagos, in un periodo in cui ancora non si parlava di questi disastri ecologici. Ci siamo spaventati, era una massa informe fra reti, bidoni, un’insidia per tutti gli animali che risalgono in superficie».
Una vita particolare la sua, ricca di emozioni e di grandi passioni, ma anche rivolta alla solidarietà. «Sono la skipper della barca con un equipaggio di sole donne, testimonial dell’Airc, Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Abbiamo istituito una borsa di studi che si chiama appunto “Le falchette di Airc” e devolviamo una volta all’anno 25mila euro ad un ricercatore italiano».
Ma la correlazione fra mare e montagna non smette mai, tanto che come racconta nel suo libro “Il vento a volte fa tremare la casa e porta via il bucato, o sradica un pino secolare con rabbia e intensità sorprendente; quello stesso vento che ai marinai in rotta sull’oceano, gonfia le vele bianche. Però anche nella quotidianità della montagna, l’autrice rimane sempre un comandante di barche a vela”.